domenica 27 settembre 2009

Tante cose



In questa lunga estate di infertilità blogghistica, ho prima costruito un recinto in Irlanda, e ho capito che lavoraccio è e perché sono state così importanti le famose enclosures inglesi per la nascita dell'agricoltura capitalistica, a cui i libri di storia riconducono il decollo dell'economia di quel Paese in un'Europa ancora ingarbugliata negli usi civici e nelle limitazioni alla proprietà privata delle terre.
Bisogna innanzitutto piantare degli enormi pali nel terreno, operazione che richiede una forza superiore a quella di un maschio di media corporatura; poi inchiodare ad essi delle robuste reti, per difenderle da animali di grossa stazza, tipo cinghiali; le reti devono essere tesissime, oggi si usa uno strumento simile a una carrucola a scartamento (nel Cinquecento non so). Ad esse si devono poi avvinghiare delle reti più fini, per chiudere il passo ai conigli, e questo per centinaia e centinaia di metri osservando di non lasciare il minimo spiraglio. Infine sulla sommità dei pali si fissa un insidiossimo filo spinato che è molto refrattario ad essere srotolato e azzanna la pelle con la vivacità di una serpe. Un lavoraccio, dal quale dipende la presenza di cavoli, pomodori, patate eccetera sulla tavola del contadino.

Dublino in dieci anni è cambiata un po' nelle forme: c'è un enorme spillone alto qualche centinaio di metri che simboleggia non so cosa, e non è né bello né brutto, e più catene di bar per le strade. Ma gli irlandesi no: ti vengono incontro al pub chiedendoti consigli su come provarci con quel ragazzo che beve tutto solo dall'altra parte della sala, e il custode di un museo ti spiega che la bandana che hai in testa in realtà rappresenta la bandiera sudista nella Guerra civile americana, e che è sempre meglio sapere cosa si indossa.

Poi di nuovo in Italia, un weekend in un campeggio che è stato un po' come visitare un museo: il museo delle vacanze dell'Italia del Dopoguerra. Oggi l'estate dell'immaginario collettivo, quella che è visibile nei servizi di costume e magari un po' à la page, il vip-watching in Sardegna, l'agriturismo, la vacanza lampo sul Mar Rosso, il low-cost, nasconde un mondo sterminato di cui io mi ero del tutto dimenticato: le famiglie, specialmente del Nord, che prendono su la casa per un mese e costituiscono una città estiva in qualche spiazzo della Riviera, muniti di camper con il déhors con tv, i gerani alla porticina, le chiacchieratine serali col nuovo vicino sul calciomercato, la Stampa al mattino presto; la villeggiatura di un'Italia che ai miei occhi di passante con la mia tenda aveva questa strana sfumatura: c'è ancora (il posto era pieno) e non c'è più; sa di famigliona fuori moda, quella per cui io figlio di genitori separati ho sempre avuto una sorta di intimidita ammirazione, e che in un'Italia che sembra avviata ad assomigliare sempre di più alla mia famiglia mi ha fatto tenerezza vedere in scena nei suoi riti un po' stinti.

Nessun commento: