domenica 6 maggio 2007

L'erba del cugino

Oggi la Francia vota. Constatiamo con tutta l'invidia del caso non tanto la domanda di cambiamento, che poteva esserci anche da noi l'anno scorso, ma l'offerta di cambiamento, di cui non si vedeva e non si vede l'ombra a Roma nonostante il frenetico cambio di contenitori. La grandezza di Sarkozy è apparire - e, in fin dei conti, essere - la vera promessa di novità di quest'elezione, nonostante all'opposizione ci sia la sinistra e lui sia stato ministro dell'interno per cinque anni. I francesi sono stufi dell'ammuffita retorica chiracchiana, del conservatorismo statalista, dell'inconcludente antiatlantismo tardogollista, ma hanno la motivata impressione che con Ségolène Royal passerebbero a un'altrettanto ammuffita retorica pauperista ("Je n'aime pas les riches", François Hollande in Royal), a un socialismo statalista, a un altrettanto inconcludente e ancora più fastidioso antiatlantismo pacifista-parolaio. Per Sarkozy, Dio lo benedica, la politica non consiste nella "fermessa" dell'ascoltare tutti per non fare niente, o nell'enunciazione del breviario del piccolo pluralista, ma nell'individuare i problemi e cercare di agire per risolverli. Per questo lo chiameranno fascista, quelli che un fascista vero una volta se lo meriterebbero - oh, quanto.

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