
Nove anni dopo l'estate in cui, fregandomene di quel che ci si aspettava da un ragazzo di 19 anni che aveva finito la maturità, lessi "Il Mondo come Volontà e Rappresentazione" - con picchi di estasi intellettuale mai più raggiunti, e dovuti forse in parte all'assenza di altre attività a contendersi le mie energie - per la prima volta sento di poter obiettare qualcosa ad Arthur Schopenhauer: a volere si deve imparare, è pieno di cose che non si vogliono e si vorrebbero se ci si conoscesse meglio. E non è solo un problema di disponibilità delle cose: a volte sono lì, siamo noi non pronti a volerle.
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