sabato 1 settembre 2007

Due piccioni

Cominciamo da Piero Ottone, che a volte parte col piede giusto: venerdì scorso per esempio, sul settimanale di Repubblica che ha scoperto di recente le doti di Bush, individuava un problema vero, e cioè che troppo spesso viaggiando in treno in Italia, non si sa in quale stazione si sta arrivando. Un palese disservizio, specialmente, dice, sui treni locali, quelli senza altoparlante, o "sugli Intercity, quando il capotreno sia di carattere chiuso". La soluzione dell'ex direttore del Corriere della Sera (eh, sì) è immediata: scritte luminose nelle stazioni.
Avevate semplicemente pensato di mettere altoparlanti su tutti i convogli e dire al capotreno che vinca le sue timidezze oppure si trovi un altro lavoro? HAHAHA, invece no.

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Alberto Asor Rosa scrive una lettera al Corriere sulla questione dei lavavetri, accampando la solita scusa che le priorità delle nostre città sono altre (indubbio, ma allora dimmene una, così, per farmi vedere che vuoi fare qualcosa oltre che delle chiacchiere); poi passa a esaminare nel dettaglio (per così dire) alcune realtà, Milano, Roma, Napoli e, attenzione, Bologna, che "non riesce a risollevarsi dalla grigia, spenta aura guazzalocchiana". Cioè, Guazzaloca non è più sindaco dal 2004, il testimone è passato non a un pisquano qualunque ma al mitico Cofferati, eppure la sua "aura" continua a infestare la città. Sorprendente. Come avrà fatto? In realtà la faccenda è più semplice: queste comari della sinistra che tre anni fa gridarono alla liberazione di Bologna manco Cofferati fosse il capo dell'VIII armata, si sono rese conto che Cofferati è un sindaco molto meno diverso da Guazzaloca di quanto avrebbero voluto, perché - e gliene va reso merito - ha capito che amministrare una città non è come pontificare dal palco di un comizio e dalle pagine di un giornale, e per coprire la cosa ricorrono a uno degli innumerevoli imbrogli linguistici con cui si ingegnano da decenni a tenere la politica lontana dai problemi e a portata di ideologia. (Già uno con un cognome palindromo a me dà poco affidamento).

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