sabato 9 giugno 2007

I Puffi sanno che ogni arbusto

La questione è questa: quando avevo 9 o 10 anni ero rimasto molto impressionato dalla notizia che agli attuali ritmi di disboscamento la foresta amazzonica sarebbe sparita nel giro di 12 anni. Da allora ne saranno passati circa 17 e la foresta secondo le mie informazioni è sempre lì, grossa come prima. Non oso immaginare quante altre enormità di questo tipo ci sono state raccontate da allora a oggi e hanno fatto la notizia del giorno, mentre la loro smentita non ha probabilmente mai fatto neanche un trafiletto. C'è da biasimarli, d'altra parte? "Nonostante le previsioni del 1989, la foresta amazzonica c'è ancora", vi lascio dire che notizia appetitosa. Il problema però c'è, direi, ed è che decenni di previsioni false e catastrofiche hanno lasciato il segno nella coscienza collettiva, tanto è vero che oggi il politico che vuole dare di sé un'immagine moderna e affidabile parla di riscaldamento globale, di protocollo di Kyoto, di riduzione delle emissioni, di energia alternativa, di salvare il pianeta. O meglio, ne parlano quelli che devono rispondere del proprio operato ai cittadini e guadagnarsi il loro consenso - in Cina, per esempio, se ne fottono. Questa nuova sensibilità, naturalmente, è una cosa tutt'altro che brutta se prende la strada della ricerca di fonti di energia pulita e rinnovabile, anche perché il petrolio da cui dipendiamo come è noto è in via di esaurimento. Ma se è invece una marea montante di antimodernismo e ecologismo fondamentalista che grida agli esiti catastrofici di un modello di sviluppo che si basa sul profitto calpestando l'ambiente, eccetera eccetera, allora è solo chiacchiera marxista travestita da ambientalismo che cerca di riportare per altre vie l'economia sotto il controllo dello Stato o, peggio, di qualche organismo sovranazionale, indebolendo chi cede alle pressioni e ci sta nei confronti di chi continua a emettere gas serra a profusione. Ma comunque, al di là dell'aspetto strategico della cosa, è la visione del rapporto tra l'uomo e la natura che non mi convince in questo discorso: quando si comincia a dire che non bisogna abbattere gli alberi, non bisogna uccidere le volpi, non bisogna inquinare le acque, si fa finta di dimenticare che la manipolazione della natura è insita nel concetto stesso di progresso umano, che la storia dell'uomo è una storia di lotta contro la natura, che uomo e natura non sono amici, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno dello sviluppo della civiltà. Lo sfruttamento della natura deve limitarsi quando inizia a ritorcersi contro gli uomini - l'inquinamento atmosferico, la speculazione edilizia - ma non in omaggio a qualche sorta di idolatria di Madre Natura.

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